L'impossibile (o rara) gratitudine


Non si ricorderà mai il giorno e l'ora in cui quelle categorie sono entrate a far parte di lui, né il momento in cui sono cresciute, si sono modificate, ampliate e non dirà mai a se stesso, perché non lo può fare, sono grato a tale professore o a tale autore, ma quelle categorie ci sono.

C'è studiare e studiare e questo lo sappiamo, ma occorre rinfrescarlo, anche perché capita sempre più spesso che si dia per scontato il privilegio diventato diritto e in buona parte obbligo di accedere alla festa del sapere. C'è indubbiamente in parte il peso della coercizione, ineliminabile, delle interrogazioni e delle verifiche. Affascinare, invogliare, stimolare la curiosità, davanti all'età (divenuta oggi una "tragedia" non più gestita dai genitori) dell'adolescenza, il cui senso di onnipotenza oggi si è ancor più esponenzialmete moltiplicato dal facile accesso agli strumenti di rapida e globale comunicazione, non bastano più da soli. Ancor di più quando arrivano le grandi fatiche del liceo.
Ci si spende - talvolta con i genitori attoniti o non concordi - perché il ragazzo non impari un sapere finalizzato a un voto, ma si confronti con quelle materie, affinché diventino suo patrimonio. Accettare la sfida di un docente affinché ci si confronti con l'evoluzione politica di Atene verso una democrazia, se ne capisca il senso, lo si confornti con l'attualità, significa acquisire categorie mentali che diventeranno proprie e che si modificheranno con l'esperienza propria, la propria sensibilità e i successivi studi. Quando un giorno, da grande, il ragazzo si troverà a ragionare di politica o a fare una scelta politica, non si ricorderà nulla di Clistene o di Pericle, dell'Ecclesìa o dell'Eliea, ma utilizzerà comunque categorie mentali, che anche l'essersi costretto a capire quelle cose hanno contribuito a costruire, ampliare, perfezionare. Non si ricorderà mai il giorno e l'ora in cui quelle categorie sono entrate a far parte di lui, né il momento in cui sono cresciute, si sono modificate, ampliate e non dirà mai a se stesso, perché non lo può fare, sono grato a tale professore o a tale autore, ma quelle categorie ci sono. Ovviamente le categorie possono anche rinsecchirsi per mancanza d'uso, insterilirsi, svuotarsi di senso, perfino riempirsi, indifese, di perniciosa propaganda: per questo è assai importante che il ragazzo non studi, ma STUDI, non impari, ma si confornti, non apprenda, ma si interroghi ed entri anche in crisi davanti alle proprie domande: non è forse così l'adolescenza? non è stata forse così la nostra?
Studiare il rapporto tra l'uomo e il territorio che abita, la fruizione delle risorse, gli squilibri di esse a livello globale, capire i vari grafici sull'impronta ecologica e il senso dell'overshoot day, senza interrogarsi, mettere in discussione il nostro modello non solo di sviluppo, ma persino di vita, diventa un sapere più superfluo che imparare a memoria una poesia, che almeno ci terrà compagnia nella vita: quel sapere deve interrogarmi quando esco di casa, quando compro un prodotto al supermercato o dal contadino, quando utilizzo un mezzo di trasporto, quando vivo nella mia casa, quando utilizzo lo smartphone.
Ho scelto un sapere umanistico, ma c'è stato un tempo in cui ho preferito quello scientifico. Dopo la quinta liceo non ho più fatto un integrale in tutta la mia vita, non ho più disegnato una curva partendo da un'equazione (ricordo che a volte richiedeva un pomeriggio intero e quante consultazioni telefoniche!), non ho mai più usato la trigonometria. Ad essere franchi ho fatto molti lavori, compresi quelli di segreteria, ho perfino fatto gli stipendi e in nessuno di questi mi è mai servito una competenza matematica superiore a quella che già avevo in terza media. Ho superato il mezzo secolo e mi sono state sufficienti nella vita e nei miei tanti lavori le quattro operazioni, le proporzioni, il calcolo percentuale, semplici equazioni di primo grado. Tutta la matematica fatta con tanta passione (in tutti sensi: sia di fatica che di amore!) al liceo scientifico non mi è servita a niente!
E qui commettiamo l'errore!
Sono molto dispiaciuto oggi di non aver appreso il greco, che mi manca molto e tanto desiderei facesse parte di me, ma come posso sapere come sarei oggi io, quale sarebbe il mio modo di pensare, di affrontare i problemi, di studiare persino le mie materie, se non avessi studiato tutta quella matematica che formalmente non mi è mai servita? Come posso sapere io cosa, quanti e quali studi, quali saperi, quali ricerche hanno contribuito a rendere la mia capacità di pensare così come è ora! Sono grato anche di tutta quella matematica e di tutta quella scienza e ancor di più di quella bellissima fisica, che poi non mi sono bastate e non hanno soddisfatto la mia ansia e la mia ricerca, ma che ho tanto amato, sono grato - ora più di quanto avrei mai immaginato da ragazzo - di tutto il latino, che proprio ora mi appare chiaro, come un orizzonte aperto, di tutta quella filosofia, di tutte quelle terribili domande dei poeti e dei profeti, sono grato a tutta la storia studiata: a quella antica, medioevale, moderna e contemporanea e alle loro categorie mentali, soprattutto a quelle distanti da me. Mi sono costate fatiche e spesso mi sono state imposti studi che in quel momento avrei sostituito volentieri con un giro in bicicletta, una partita a baseball o una passeggiata con una ragazza e che talvolta ho dovuto affrontare di notte, per recuperare fette di programma tralasciate.
Non so il gorno e l'ora in cui sono entrate in me le categorie mentali, le strutture linguistiche e grammaticali, gli strumenti logici, i vari metodi di lavoro che oggi uso, né chi o cosa precisamente mi abbia permesso di acquisirli e li abbia introdotti in me, non so con precisione a chi o a cosa devo essere grato, ma so che devo essere grato a tutti coloro che, anche con la coercizione del voto, della verifica e dell'interrogazione, mi hanno permesso di essere oggi una persona pensante a più dimensioni e direzioni.

Oscar Testoni, giugno 2017.


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