Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Cicero, Catilinariae, I, 1-3

Oscar Testoni, ultima edizione: 13/01/2022

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8 novembre 63 a.C.

[1] I. Quo usque tandem abutēre, Catilina, patientia nostra? Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque moverunt? Patere tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non vides? Quid proxima, quid superiore nocte egeris, ubi fueris, quos convocaveris, quid consilii ceperis, quem nostrum ignorare arbitraris?

L'esordio ex abrupto, senza alcun preambolo, senza alcuna captatio benevolentiae nei confronti degli ascoltatori, con una serie di ben sette interrogative dirette rivolte a Catilina, chiamato in causa con un'apostrofe dal tono violento, conferisce una forte enfasi.
Quo usque tandem abutēre, Catilina, patientia nostra?
quo usque: locuzione avverbiale interrogativa: "fino a dove? fino a che punto?" - tandem: ha valore rafforzativo-esclamativo nelle interrogazioni incalzanti: "insomma" - abutēre (= abutēris, indicativo futuro semplice da abutor, abuteris, abusus sum, abuti: 'dilapidare, fare cattivo uso, abusare' dep.), composto di utor e richiede l'ABL strumentale: patientiā nostrā (l'attributo nostra posposto al nome in posizione di rilievo, mostra un Cicerone che si pone come uno dei tanti sentori e del popolo romano che ha dovuto finora sopportare tutto ciò) - Catilină è vocativo, appunto destinatario dell'apostrofe.

Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet?
Quamdiu: avverbio interrogativo: "quanto a lungo?" - etiam: congiunzione con valore temporale: "ancora" - furor (NOM, soggetto): è tanto una follia quanto una violenza contro lo Stato e le sue istituzioni: questa sconsideratezza e condotta temeraria (poi definita audaciă) si contrappone alla patientia dei senatori - iste: corretto dimostrativo di seconda persona, riferito al furor di colui a cui Cicerone si sta rivolgendo, ma qui assume anche una connotazione di disprezzo e di biasimo, accentuando il senso negativo del furor (+ tuus) - eludet (ēlūdo, ēlūdis, elusi, elusum, ēlūdĕre: tr. evitare, farsi gioco): indicativo, futuro semplice - nos: ACC retto da eludet

Quem ad finem sese effrenată iactabit audaciă?
quem ad finem: ad + ACC dell'aggettivo interrogativo accompagnato dal nome finem: 'fino a quale estremo? fino a quale punto?(ACC) - effrenată ... audaciă: NOM soggetto in iperbato: audaciă nel lessico politico è una voce negativa: connota il comportamento violento di chi tenta di sovvertire lo stato (Sallustio definirà audax l'animus di Catilina in De Catilinae coniuratione, V); effrenata (da ex + freno/is: in origine il cavallo senza briglie): 'senza freni' - iactabit: futuro di iacto, iactas, iactavi, iactatum, iactāre: gettare con forza, ma anche ostentare e in diatesi media anche darsi da fare - sese: ACC (complemento oggetto) del pronome riflessivo se con raddoppiamento ('si spingerà').

Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque movērunt?
Nihiline: il -ne enclitico introduce la quarta interrogativa diretta, nihil ACC con valore avverbiale ('per nulla') è anaforicamente ripetuto sei volte, quanti sono i sei soggetti accompanati da altrettanti genitivi - movērunt (mŏvĕo, mŏves, movi, motum, mŏvēre) è il predicato verbale unico dei sei soggetti: indicativo perfetto III pl.: 'hanno turbato' - te: ACC complemento oggetto - 6 SOGGETTI: 1. nocturnum presidium + GEN oggettivo Palati ('del Palatino': dai Romani considerato il più sacro tra i colli, presidiato dai soldati nei momenti di grave pericolo, vi era il tempio di Giove Statore, dove si sta tenendo proprio ora la riunione del senato) - 2. >vigiliae (le guardie, le sentinelle, i servizi di guardia notturna, le ronde notturne) + GEN. urbis (si tratta delle misure eccezionali prese dal Senato il 21 ottobre del 63 a.C., quando si seppe che Manlio stava organizzando una rivolta in Etruria - 3. timor + GEN soggettivo populi - 4. concursus ('l'accorrere insieme' = cum + cursus) + bonorum ('onesti cittadini', ovvero di coloro che amano l'ordine politico e sociale) omnium - 5. hic munitissimus ... locus in iperbato con attributo in grado superlativo + GEN oggettivo del gerundivo con valore finale habendi senatus - 6. ora voltusque ('i volti e gli sguardi' in realtà sono un'endiadi: 'le espressioni dei volti') + GEN horum, riferito ai senatori.

Patēre tua consilia non sentis, constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non vides?
La principale è non sentis (non ti accorgi - sentĭo, sentis, sensi, sensum, sentīre: sentire, provare, comprendere, accorgersi, rendersi conto, essere conscio di, pensare, ritenere) - Dalla principale dipende la subordinata infinitiva: patēre tua consilia (che le tue decisioni sono manifeste - consĭlĭum, consilii: consiglio, assemblea, proposta, deliberazione, decisione, intenzione, disegno, piano, progetto, proposito, prudenza, saggezza - pătĕo, pătes, patui, pătēre: essere aperto, accessibile, disponibile, scoperto, estendersi - in senso figurato: essere manifesto, evidente, chiaro)
Coordinata alla principale non vides che regge un'altra oggettiva constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam (che la tua congiura è già tenuta stretta dalla consapevolezza di tutti questi) - constrictam (da constringo, constringis, constrinxi, constrictum, constringĕre: stringere insieme, tenere a freno, costringere, reprimere, impedire, limitare) è un participio usato in senso figurato e come complemento predicativo del soggetto dell'infinitiva in ACC - scientiā è ABL di causa efficiente - tĕnĕo, tĕnes, tenui, tentum, tĕnēre è il verbo dell'infinitiva in diatesi passiva.
Le due coppie di infinitiva + principale // infinitiva + principale formano un parallelismo impreziosito da a) epifora di non + verbo, b) chiasmo con poliptoto: tua consilia / coniurationem tuam. Questo è un esempio di concinnitas.

Quid proxima, quid superiore nocte egeris, ubi fueris, quos convocaveris, quid consili ceperis quem nostrum ignorare arbitraris?
Arbitraris (arbĭtror, arbĭtrāris, arbitratus sum, arbĭtrāri: giudicare, credere, stimare) è il verbo principale, che regge l'infinitiva quem nostrum ignorare (ignōro, -as, -avi, -atum, āre), in cui nostrum è il partitivo del pronome interrogativo quem (si tratta di una interrogativa diretta ma in infinitiva dipendente da arbitratis: 'chi di noi credi che ignori ...?'. Da ignorare dipendono cinque interrogative indiretta:
  1. quid proxima [nocte egeris]: che cosa tu abbia fatto la notte scorsa (proxima è la più vicina - proximā [nocte] = abaltivo di tempo determinato): si tratta della notte tra il 7 e l'8 novembre in cui si è tenuta la riunione in casa di Marco Porcio Leca, durante la quale si è deciso di uccidere Cicerone e di incendiare alcuni luoghi di Roma
  2. quid superiore nocte egeris (ago, -is, egi, actum, ĕre: egeris è congiuntivo perfetto che indica un'anteriorità rispetto a un tempo principale) che cosa tu abbia compiuto la notte precedente (ovvero quella tra il 6 e il 7 novembre)
  3. ubi fueris: dove tu sia stato (ubi)
  4. quos convocaveris
  5. quid consili ceperis (căpĭio, -is, cepi, captum, -ĕre: prendere) consili è genitivo partitivo di quid ('che cosa di decisione' = 'quale decisione'


[2] O tempora, o mores! Senatus haec intellegit, consul videt; hic tamen vivit. Vivit? immo vero etiam in senatum venit, fit publici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum. Nos autem fortes viri satis facere rei publicae videmur, si istius furorem ac tela vitemus. Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis iam pridem oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos [omnes iam diu] machinaris.

O tempora, o mores!
La presenza di Catilina in Senato scandalizza Cicerone al punto da interrompere la sequenza delle interrogative dirette a lui rivolte con questa duplice celeberrima esclamazione: "Che tempi, che costumi!", già usata nelle Verrine, riutilizzata in seguito nella Pro domo sua e nella Pro rege Deiotaro e poi citata da Quintiliano nella Institutio oratoria come esempio di simulatio utile per accrescere lo stato di emotività dei presenti e divenuta proverbiale per indicare la corruzione dei tempi e il rimpianto per le virtù del passato.

Senatus haec intellegit, consul videt; hic tamen vivit.
Ecco la spiegazione della sua indiganzione o meglio della doppia esclamazione con l'obiettivo di trasmettere ai senatori il suo profondo sconcerto: vuole far capire ai senatori quanto sia paradossale che nonostante siano noti a tutti i suoi progetti contro lo stato, non solo egli continua a vivere, ma addirittura viene impunemente in Senato, prende parte a decisioni di rilevanza pubblica, mentre con lo sguardo decide chi eliminare tra i presenti.
Tre proposizioni brevissime in parallelismo e con l'allitterazione della v tra gli ulimi due verbi. haec è accusativo neutro plurale, riferito a tutti i piani di Catilina, complemento oggetto di intellegit (il cui soggetto è Senatus e di videt il cui soggetto è consul): il Senato conosce tutte queste cose, il console le vede e tuttavia (tamen) questo (= Catilina, hic) vive (vivit.

Vivit? Immo vero etiam in senatum venit, fit publici consilii particeps, notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum.
Ecco la ripresa dell'ultimo verbo del periodo precedente (epanastrofe o reduplicatio, oggi detta 'anadiplosi') Vivit? in modalità interrogativa e subito la correctio: Immo vero etiam.... L'espressione rettifica la precedente ('Anzi persino anche'): non solo dunque 'vive' invece di essere condannato a morte, ma ha anche l'audaciaI> e il furor di venire in Senato: in senatum venit, fit (da fīo, fis, factus sum, fieri), 'viene fatto' (passivo) o 'si fa' (medio), particeps (partĭceps, partĭceps, partĭceps + genitivo o + dativo, partecipe, che prende parte a), 'partecipe' publici consili (genitivo), 'di pubblica decisione' (anche se sarebbe meglio tradurlo con un plurale, qui per publicus non bisogna intendere che le sedute e conseguentemente le decisioni del Senato sono aperte a tutti, bensì che le decisioni del Senato riguardano tutti, hanno una rilevanza pubblica), notat, 'osserva', et designat oculis (ablativo strumetale) ad caedam (ad + accusativo: complemento di fine: 'alla morte'), unumquemque nostrum (unusquisque: ciascuno con valore di individualizzazione - nostrum: genitivo partitivo).

Nos autem fortes viri satis facere rei publicae videmur, si istius furorem ac tela vitemus.
Nos è il soggetto del predicato verbale videmur, in costruzione personale, che costituisce l'apodosi di un periodo ipotetico della realtà. fortes viri è apposizione ironica di nos: in realtà Cicerone lamenta la debolezza dei senatori e col 'noi' coinvolge anche se stesso nell'accusa. Il 'noi' produce anche l'effetto di contrapporsi in modo forte con la ripetizione del pronome di seconda persona della proposizione successiva: ... te ... te ... tu .... Da videmur ('sembriamo') dipende satis facere ('fare abbastanza, fare il nostro dovere') rei publicae (dativo di vantaggio: 'per lo stato'). Segue la protasi, ordinando secondo la struttura dela lingia italiana: si vitamus (se evitiamo) furorem (il cui senso è già chiarito sopra) ac tela ('dardi', ma più in generale 'colpi'), istius (pronome dimostrativo di seconda persona e quindi corretto, ma qui come sopra - e sempre in concomitanza con furor - in senso dispregiativo).

Ad mortem te, Catilina, duci iussu consulis iam pridem oportebat, in te conferri pestem, quam tu in nos omnis iam diu machinaris.
La principale oportebat (falso condizionale: era oportuno -> sarebbe stato opportuno) è posta nel mezzo del periodo, mentre in rilievo a inizio periodo è posto l'espressione ad mortem della subordinata infinitiva Ad mortem te, catilina, duci iussu consulis iam pridie ('che tu, o Catilina, fossi condotto [duci] a morte giá da molto tempo [iam pridem] per ordine del console [iussu consolis]). Iussu consolis fa riferimento ai pieni poteri assegnati ai consoli col senatosconsulto del 21 ottobre (cfr. Catilina: la congiura). Anche in te conferri pestem è una subordinata infinitiva dipendente da oportet: 'e contro te venisse rivolta la sciagura'. Alla parola pestem della precedente infinitiva si collega il pronome relativo in accusativo singolare femminile quam che introduce la subordinata relativa quam tu in nos omnis iam diu machinaris, il cui verbo è machinaris (da māchĭnor, -āris, -ātus sum, -āri, deponente: fabbricare, congegnare, inventare, ma anche macchinare, tramare), il soggetto, inutile sul piano sintattico è espresso (tu) per continuare l'anafora di te con il poliptoto tu in contrapposizione non solo col Nos autem fortes viri, ma anche col successivo in nos ... omnis/es (contro noi tutti) a sua volta in contrapposizione all'in te (contro di te): 'che tu già a lungo trami contro noi tutti'.


[3] An vero vir amplissumus, P. Scipio, pontifex maximus, Ti. Gracchum mediocriter labefactantem statum rei publicae privatus interfecit; Catilinam orbem terrae caede atque incendiis vastare cupientem nos consules perferemus? Nam illa nimis antiqua praetereo, quod C. Servilius Ahala Sp. Maelium novis rebus studentem manu sua occidit. Fuit, fuit ista quondam in hac re publica virtus, ut viri fortes acrioribus suppliciis civem perniciosum quam acerbissimum hostem coercerent. Habemus senatus consultum in te, Catilina, vehemens et grave, non deest rei publicae consilium neque auctoritas huius ordinis; nos, nos, dico aperte, consules desumus.




Oscar Testoni, ultima edizione: 13/01/2022


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