Il carpe diem
Analisi del testo e sintesi del saggio di Traina

Oscar Testoni
ultima versione 17-04-2020

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Odi I, 11


Sintesi da
"SEMANTICA DEL CARPE DIEM,
contro la banalizzazione del godi il presente o dell'attimo fuggente"
di Alfonso Traina

Oscar Testoni
Uno studio di carpo sul piano paradigmatico e cioè nei suoi rapporti di convergenza e divergenza coi termini contigui.
Carpe diem infatti non è la sola formulazione di Orazio che è ricorso a quasi tutto il campo semantico di prendere: carpo, rapio, capio, sumo (mancano solo tollo e prehendo)

RAPIO
1) […] Rapiamus, amici, / occasionem de die, dumque virent genua (epod. 13,3)
CAPIO
2) dona praesentis cape laetus horae: - linque severa (ode 3,8,27)
SUMO
3) tu quamcumque deus tibi fortunaverit horam, - grata sume manu neu dulcia differ in annum (ep. 1, 11, 23)


1. RAPIO


Una giornata d'inverno.
Rapio denota un “prendere” con la connotazione della rapidità e della violenza.
I commenti rimandano alla chiosa ciceroniana di un anonimo verso tragico, forse enniano:
"uiue, Vlixes, dum licet: oculis postremum lumen radiatum rape!"
non dixit “pete”, non “cape” - haberet enim moram sperantis diutius esse uicturum - sed “rape”: est hoc uerbum ad id aptatum, quod ante dixerat, “dum licet”
(de or. 3,162)
    Altri esempi:
  • Orazio - Sat. I, V, 75
    Convivas avidos cenam servosque
    tum rapere atque omnis restinguere velle videres.

    I commensali si affrettano a mettere in salvo il pranzo prima che bruci (espressivo per questa dimensione temporale)
  • Livio: arrepto (=ab+rapio) tempore
  • Seneca: praesens tempus … tam breve est, ut arripi non possit
Cicerone sottolinea dunque rispetto a un più pacato cape, la dimensione temporale di rape, la sua urgenza e il suo condizionamento mediante dum licet, cui risponde, in Orazio, l'analogo sintagma temporale, semanticamente determinato nell'età della giovinezza: “dumque uirent genua” (finché le ginocchia son verdi). L'occasione va colta al volo prima che fugga. Una rapina fatta al giorno (de die).

2. 3. CAPIO e SUMO


Non più una rapina, ma un dono dell'ora (2) e di un dio (3)
3. In 3 c'è la gratitudine (grata sume manu) e questo basta ad escludere rapio. SUMO indica un prendere (emo) su di sé (subs) o per sé, prendere qualcosa per usarne (il composto preferito è consumo) e ricorre in molti imperativi orazioni con oggetto di cibo o bevanda. Qui l'oggetto è meno materiale, horam, ma è sempre un bene (quamcumque deus tibi fortunaverit) da godere subito, senza rimandarlo a domani (neu dulcia differ in annum).
Ma il fattore determinante per la scelta di sumo sarà stata l'associazione con manu, canonica nella iunctura formulare in manum (-us) sumere. Il rapporto tra uomo e dio si è visualizzato in un gesto.
2. Anche in 2 si ha un dono, questa volta semanticamente esplicitato: dona praesentis cape laetus horae. Capio denota una presa di possesso (cfr. captivus): la sua accezione di base si proietta oltre l'atto in cui si realizza, nello stato che, presumibilmente, ne conseguirà: prendere per avere, per possedere (frequente il nesso captum teneo). Perciò è usuale con donum. per di più CAPE è in funzione dell'antitesi semantica con l'imperativo che segue: linque severa: “lascia stare le cose serie”.

CARPO


è alla frontiera dei due campi semantici di prendere e di cogliere. Vi si sente, in genere, la metafora del fiore o del frutto. Traina riporta molte attestazioni, che qui non sono riportate, tra cui lo stesso Orazio: ars 3, 79 s.: carpite florem, - qui nisi carptus erit, turpiter ipse cadet.
Non manca chi determini il frutto in un grappolo d'uva per coerenza con la metafora vinicola o il fiore nella rosa.
carpo è tutt'altro che un sinonimo di rapio, anzi giunge a indicare un prendere al rallentatore:
Seneca (Ep 120, 18): carpit nos illa [sc. mors], non corripit
Ma non vi è però nemmeno alcuna delicatezza nel significato originario, né ha mai significato godere: carpere è un processo traumatico e la serie dei synonima et iuxta posita registrati dal Thesaurus (Bannier) è quasi tutta negativa: lacero, distraho, lanio, vexo.

CARPO, di tutti, il più nuovo e il più espressivo, è un prendere a spizzico con un movimento lacerante e progressivo che va dal tutto alle parti: come sfogliare una margherita, mangiare un carciofo, piluccare un grappolo d'uva. Il tutto è l’aetas, il tempo maligno (invida) visto nella continuità della sua fuga: la parte è il dies, l'oggi, da spiccare giorno per giorno senza contare sul domani.
In memoria del grande latinista Alfonso Traina
Oscar Testoni - ultima versione 17-04-2020


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