Lucretius - De rerum natura

Oscar Testoni, ultima versione: 19/10/2022

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titolo De rerum natura Dal greco:
Περἱ Φὑσεως
Perì phýseos
(Sulla natura)
titolo di numerosi manoscritti di filosofi greci e anche titolo di una delle opere di Epicuro cfr. critiche e riserve di Epicuro sulla poesia
genere poema epico-didascalico Il genere epico-didascalico (διδασκαλαλικὀς - didaskalikós - atto a insegnare) è un filone dell'épos, a cui è accomunato per l'uso dell'esametro 1. finalità di ammaestramento
2. introduzione di un destinatario (reale o fittizio), a cui il poeta rivolge i propri insegnamenti, un discepolo ideale che rappresenti tutti i possibili destinatari dell'opera
3. non ha carattere narrativo come l'epica eroica, bensì espositivo (si illustrano dottrine, norme di condotta, tecniche) e parenètico (vengono rivolte esortazioni al destinatario che rappresenta il lettore e quindi vengono usati apostrofi, congiuntivi esortativi, imperativi)
4. ha un'impotazione argomentativa, soprattutto nei poemni di contenuto filosofico-scientifico in cui si debba dimostarare le proprie tesi e confutare le altrui
5. accanto al lessico dell'épos (registro alto) ricorre il lessico settoriale della materia affrontata
metro esametri (il metro del poema epico)
oggetto Esposizione della filosofia epicurea, presentata come soluzione ai problemi esistenziali degli uomini
Antecedenti del genere Esiodo: (VIII-VII a.C.) Le opere e i giorni poemetto in esametri: precetti morali, agricoltura, navigazione Empedocle di Agrigento (V a.C.) - poema in esametri Περἱ Φὑσεως - Perì phýseos - Sulla natura - di carattere scientifico-filosofico Senza finalità educativa e occasione di sfoggio di erudizione:
Arato di Soli (III a.C.), Phainòmena (I fenomeni), trattato di astronomia in esametri
Nicandro di Colofone (II a.C.) due poemi sui rimedi contro i veleni (Theriakà e Alexiphàrmaka)
Ennio→ creatore dell’epica latina in esametri in particolare gli Annales, poema epico nazionale, ma anche l'opera didascalica sul modello della poesia ellenistica Epicharmus (sui quattro elementi di Empedocle - argomento filosofico, ma in settenari trocaici e non esametri) e Accio (Pragmatica in versi trocaici)

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Inno a Venere: Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas → Concessione al topos del genere epico (in contraddizione con l'argomento del poema e gli attacchi alla religio), ma al posto delle Muse → Venere: forza generatrice della natura
Dedica a Memmio (Memmiadae nostro) e menzione (propositio) alla materia dell’opera (versibus … / quos ego de rerum natura pangere conor)
24-43
Richiesta d'intercessione di pace per i Romani (38-43) (funde petens placidam Romanis, incluta, pacem, sfruttando il momento in cui Marte è vinto da Venere nell'amplesso [sia Venere, madre di Enea, che Marte, padre di Romolo, sono divinità originarie di Roma] → contraddizione con la teologia epicurea: dei indifferenti, remoti e del tutto appartati rispetto alle vicende umane, come Lucrezio stesso dice nei successivi versi 44-49, pur introdotti da enim.
50-61 Argomento del poema (propositio) (rivolgendosi al dedicatario Memmio): de summa caeli ratione deumque ... rerum primordia ... materiem et genitalia corpora ... semina rerum ... corpora prima
62-79 Elogio di Epicuro che per primo osò (est ... ausus) sfidare (mortalis tollere contra ... oculos e obsistere contra) la religio che opprimeva gli uomini dalle regioni del cielo a cui l’uomo è ora eguagliato grazie alla sua vittoria (Quare religio pedibus subiecta vicissim / operitur, nos exaequat victoriă caelo)
80-101 Sacrificio di Ifigenia (Iphianassa), del cui mito Lucrezio sceglie la versione negativa di Eschilo (Agamennone) rifuggendo il modello consenziente e a lieto fine di Euripide (Ifigenia in Aulide), scelto invece da Ovidio nelle sue Metamorfosi, proprio per allontanare da sè l'accusa di volere introdurre Memmio e il lettore agli empi principi di una dottrina e di entrare in una via scellerata (impia te rationis inire elementa viamque/ indugredi sceleris). L'exemplum mitico serve per ribaltare l'accusa sulla religio (Quod contra saepius illa / religio peperit scelerosa atque impia facta. Il racconto mitologico condotto con effetti patetici, enfasi e intensità si conclude con una terribile accusa alla religio: Tantum religio potuit suadere malorum
Atomismo. Vengono riprese le teorie atomistiche di Leucippo e Democrito: nulla nasce dal nulla (nullam rem e nilo gigni divinutus umquam e nil posse creari / de nilo): se infatti non fosse così - dice Lucrezio con ragionamento per assurdo - potrebbero sorgere gli uomini dal mare, i pesci dalla terra e altre simili stranezze, inoltre le cose nascono nelle stagioni stabilite ciascuna a suo tempo e impiegano tempo per crescere e svilupparsi, secondo il propiro seme; ma nemmeno nulla ritorna nel nulla, altrimenti le cose potrebbero scomparire improvvisamente al nostro sguardo (ex oculis res quaeque repente erepta periret); esistenza degli atomi e del vuoto; eterna è la sostanza materiale delle cose, che nascono per aggregazione di atomi e cessano di esistere per la loro disgregazione; la natura ricrea una cosa dalla morte di un'altra. Gli atomi (corpuscula minima ... rerum primordia ... ordia prima ... corpora prima ... materiai corpora ... minuta corpora ... semina rerum ... genitalia corpora) sono solidi e non hanno al'interno alcuna parte vuota (inane), quindi sono compatti, contrariamente alle res che invece sono associazioni complesse di atomi e vuoto: la diversa combinazione rende ragione della loro varietà. Tali res nascono, crescono, muoiono, si trasformano mentre gli atomi (ea quae solido atque aeterno corpore constent) restano immutabili, indivisibili, eterni. Confutazione delle teorie di Eraclito, Anassimene, Talete, Zenone, Empedocle e Anassagora. La materia e lo spazio sono infiniti, come il cosmo, nel quale esistono infiniti mondi.
921-950 La similitudine del farmaco amaro e del miele: giustificazione dell'uso della poesia, ritenuta da Epicuro non solo inutile per il raggiungimento della verità e della saggezza, ma persino nociva, perché tramite di favole menzognere e incentivo alla passione.
Lucrezio compone (pango) su questa oscura materia (obscura de re = "de obscura re") versi tanto luminosi (tam lucida ... carmina), tutto cospargendo col fascino delle Muse (musaeo contingens cuncta lepore), come il medico cerca di ingannare i fanciulli, cospargendo con dolce miele l'orlo del bicchiere, che contiene un'amara medicina che gioverà alla loro guarigione - Versi che si ripetono uguali come proemio nel IV libro - La metafora sarà ripresa da Tasso nel proemio della sua Gerusalemme liberata.
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PROEMIO
La tempesta osservata dall'esterno: il sapiente. Partendo da alcune immagini (la dolcezza dello spettatore che guarda il vasto mare sconvolto dai venti lontano dai travagli altrui, o una battaglia campale o la visione dall'alto della terra ➜ lo spettatore è il filosofo epicureo) giunge all'esaltazione della atarassia, serena imperturbabilità del sapiente epicureo, che vive lontano dalle passioni e dai tumulti del mondo, che generano negli stolti infelicità.
CLINAMEN
Teoria dei moti incessanti degli atomi che cadono verso il basso per forza di gravità: grazie al clinamen (=inclinazione, deviazione) gli atomi non cadono sempre in modo perpendicolare nel vuoto, ma, deviando casualmente da tale traiettoria verticale, si incontrano e si aggregano. Gli atomi non hanno colore, sapore, sensibilità. Sono infiniti. Numero infinito dei mondi, loro crescita e fine. Il nostro mondo, destinato come gli altri a disgregarsi, ha già evidenti segni di declino.
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PROEMIO
Elogio a Epicuro: Nuova celebrazione della grandezza del maestro Epicuro, liberatore dell'umanità dalla paura degli dei.
Natura dell'anima (principio vitale diffuso in tutto il corpo): non è un'entità incorporea, bensì una combinazione fortuita di quattro tipi di atomi molto sottili (vento, calore, aria e una quarta essenza priva nome). Questa quarta essenza genera la sensibilità e la riflessione, che hanno sede nell'animus - il centro dell'anima - il quale si trova nel petto. L'anima è mortale e cessa di vivere insieme al corpo: impossibilità di immaginare l'unione tra un essere immortale con una realtà mortale. Insensata è dunque la paura della morte e dell'aldilà, poiché non è un male (quando noi non saremo più, quando sarà avvenuto il distacco del corpo e dell'anima, che uniti compongono il nostro essere, certo a noi, che allora non saremo più, non potrà affatto accadere alcunché, nulla potrà colpire i nostri sensi, ... - ... poiché la morte ... impedisce che esista colui a cui le disgrazie possono attaccarsi, è chiaro che niente noi dobbiamo temere nella morte, e che non può divenire infelice chi non esiste, né fa punto differenza se egli sia nato o non sia nato in alcun tempo, quando la vita mortale gli è stata tolta dalla morte immortale – mortalem vitam mors cum inmortalis ademit [trad. F. Giancotti] ); descrizione dell'ACHERONTE, RASSEGNA DEI GRANDI DEL PASSATO ED ESORTAZIONE FINALE A LIBERARSI DALLA PAURA DELLA MORTE. Alcuni versi sono dedicati anche alla noia: Lucrezio usa il termine pondus (= peso) dentro all'animo (inesse animo), che spossa gravemente l'uomo (quod se graviter fatiget) e di cui non si conosce la causa (e quibus id fiat causis quoque noscere). Tra i suoi effetti: non sapere cosa si desideri (quid sibi quisque velit nescire) e cercare sempre di mutare luogo nell'illusione di poter deporre il peso (et quaerere semper commutare locum, quasi onus deponere)
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Dichiarazione di poetica
Teoria delle sensazioni prodotte dai simulacra, sottilissime membrane di atomi, che si staccano dalle superfici delle cose, conservando l'aspetto dell'oggetto da cui si staccano – I miraggi sono illusioni della ragione umana perché i sensi non ingannano mai – I sogni ripropongono le immagini che ci hanno colpito da svegli: tra i sogni vi sono quelli di natura erotica → L'istinto sessuale è una forza preposta semplicemente alla procreazione: folle è la passione amorosa, che aggiunge un'esigenza sentimentale di sicuro votata all'insuccesso e che genera inutili sofferenze all'uomo (Excursus sull'amore: cibo e bevanda sono assorbiti nel corpo e possono occupare determinate sedi: quindi è facile saziare la voglia di liquidi e di vivande. Ma di un volto umano e d'un colore leggiadro nulla penetra nel corpo, di cui si possa godere , se non esili immagini: delirante speranza che spesso è rapita dal vento [trad. A Fellin] – insomma l'istinto sessuale s'appaga con l'atto, la passione no).
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Elogio a Epicuro
Mondo, dei e storia dell'umanità - Il nostro mondo è vicino alla fine - Gli dei esistono ma stanno negli intermundia, immortali e felici e sono totalmente estranei al mondo - Il mondo si è formato per casuale aggregazione di atomi (i suoi elementi sono terra, acqua e fuoco) e si disgregherà - Storia dell'umanità e del progresso: dalla vita selvaggia dei primitivi alla nascita della convivenza umana e della civiltà (linguaggi, fuoco, metalli, tessitura, agricoltura, monogamia): rifiuto del mito dell'età dell'oro e di una condizione edenica primitiva, da cui l'uomo si sia allontanato attraverso un decadimento, nonostante anche Lucrezio veda l'umanità primitiva più vicina alla natura, meno corrotta e con un maggiore vigore fisico rispetto alle generazioni successive - Cause di timori e degenerazione sociale: avidità di ricchezza, conseguenti guerre e paure religiose - I fenomeni terreni sono determinati da cause naturali e non da interventi divini: gli dei sono formati da una sostanza atomica diversa da quella degli uomini e non hanno possibilità d'interagire con il mondo umano e quindi non sono da temere.
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Elogio di Atene e di Epicuro, suo più grande figlio
I fenomeni atmosferici (nuvole, venti, lampi, tuoni e arcobaleno) e di quelli terrestri (tra cui movimenti e venti sotterranei, vulcani, fenomeni magnetici, epidemie) sono tutti spiegabili con cause naturali, come scontri tra atomi di vento e fuoco, e indipendenti da cause divine. Sono spiegabili come fenomeni naturali anche fenomeni misteriosi, come le inondazioni del Nilo, le esalazioni mortifere dei laghi Averni, le calamità e le epidemie → Excursus sulla peste di Atene (← resoconto dello storico greco Tucidide - V secolo a.C.). Con il racconto desolato della peste (cadaveri insepolti, disperati nei templi o buttatisi nei pozzi per calmare l'arsura, smarrimento del decoro, della giustizia, dell'ordine etico e religioso) si conclude il poema (in netto contrasto con l'esordio primaverile dell'inno a Venere) e non con la rappresentazione delle dimore beate degli dei, come l'autore aveva preannunciato nel libro V (vv. 153 ss.): morte prematura? pessimismo (o depressione) nel frattempo intervenuto?
Sfondo: fotografia di Oscar Testoni (Tempio di Afrodite, Villa di Adriano, Tivoli, 28 luglio 2022) e rielaborazione grafica della foto oscurata come sfondo di Oscar Testoni

Oscar Testoni, ultima versione: 19/10/2022


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